PolarQuest2018, come è andata la ricerca del Dirigibile Italia

La spedizione polare ha effettuato test a latitudini mai raggiunte dalla scienza. Per il ritrovamento del dirigibile di Umberto Nobile occorre, però, aspettare settembre

Il veliero Nanuq durante le 1500 miglia di navigazione (foto: PolarQuest2018)

Longyearbyen, Norvegia - Un impengo incredibile, ma per capire se la ricerca del Dirigibile Italia sia stata fruttuosa bisognerà aspettare l'analisi dei dati, a settembre. Questo, in sintesi, è il resoconto di PolarQuest2018, la spedizione polare che il 22 agosto ha completato la circumnavigazione delle Svalbard e concluso la parte principale del suo viaggio. Entro il 4 settembre raggiungerà Tromsø, per fermarsi definitivamente.

Partita da Ísafjörður, in Islanda, la sera del 22 luglio, ha effettuato esperimenti scientifici dove non erano mai stati fatti e cercato i resti della spedizione di Umberto Nobile, schiantatasi sui ghiacci 90 anni fa.

“*Abbiamo raggiunto a vela latitudini mai toccate in quelle condizioni *– commenta appena sbarcata Paola Catapano, comunicatrice scientifica del Cern e leader della spedizione – ma non eravamo in mare per accumulare qualche primato; la cosa importante è che tutti e tre gli esperimenti principali di PolarQuest abbiano avuto successo e si sia raccolta una mole di dati molto utile per gli studi a venire”.

Ripresa aerea di Nanuq (foto: PolarQuest2018)

A bordo di Nanuq, un bialbero artico da 18 metri completamente ecosostenibile, sono stati effettuati 30 campionamenti di microplastiche, di cui uno alla latitudine record di 82°07’ Nord. I campioni saranno analizzati dall’Istituto Scienze marine, l’Ismar, del Consiglio nazionale delle ricerche, ma “una delle conclusioni che possiamo trarre da una semplice analisi visiva – commenta Safiria Buono, responsabile dei prelievi in mare – è che anche a latitudini estreme la quantità di plastica che infesta le spiagge più isolate del nostro pianeta è sbalorditiva”.

Un drone al lavoro sulla banchisa (foto: PolarQuest2018)

Uno degli scienziati di supporto al campionamento, Frédéric Gillet, ha anche installato un sensore per bifenili policlorinati 20 chilometri a sud di Ny Ålesund, per misurarne la presenza in aree lontane dalle regioni urbanizzate e capire i meccanismi di trasferimento e accumulo di un inquinante bandito in diversi Paesi da 40 anni. Il sensore sarà recuperato nel 2020 per l’analisi dati dall’Università della Savoia, in Francia.

Le latitudini estreme raggiunte da Nanuq hanno valso un record anche al rivelatore di raggi cosmici PolarQuEeest, assemblato al Cern con la partecipazione degli alunni di alcune scuole superiori in Italia, Svizzera e Norvegia. “Abbiamo raccolto dati sul flusso dei raggi cosmici alle più alte latitudini mai raggiunte e al livello del mare”, conferma Ombretta Pinazzadell’Istituto nazionale di fisica nucleare di Bologna, “ora analizzeremo le correlazioni con altri due rivelatori identici a quello montato a bordo, attualmente attivi in Norvegia continentale e a Bra, in Italia”.

Oltre a contribuire alla comprensione dell’origine dei raggi di alta energia, le eventuali correlazioni permetteranno di studiare l’influenza dei raggi cosmici sulla formazione delle nubi e la correlazione del tasso delle supernovae con le fasi climatiche su un periodo di oltre 500 milioni di anni, contribuendo alla conoscenza dei cambiamenti climatici. Uno studio su un settore sempre più cruciale, come dimostrato pochi giorni fa anche dal lancio del satellite meteorologico Aeolus da parte dell'Agenzia spaziale europea.

Anche la terza missione di PolarQuest, Aurora, un programma di osservazione con droni consumer level della costa settentrionale di Spitsbergen e dei litorali delle due isole maggiori delle Svalbard, ha soddisfatto gli studiosi imbarcati su Nanuq: “g**razie a droni a basso costo e a sensori di categoria citizen science", dice Gianluca Casagrande, della Società geografica italiana, *"abbiamo eseguito la cartografia speditiva e ad alta risoluzione in aree remote dell’arcipelago. I nostri strumenti sono stati efficaci sia per l’acquisizione dei dati scientifici che per la comunicazione degli ambienti artici. *Uno dei rilievi ha peraltro un grande valore simbolico: abbiamo ottenuto la prima cartografia di dettaglio in 3d di Alpiniøya, l’isola scoperta dall’ufficiale degli alpini, Gennaro Sora, durante la sua marcia di oltre mille chilometri alla ricerca dei sopravvissuti della tragedia dell’Italia”.

Un modello in 3d di Inglefeldbreen realizzato con un drone (immagine: PolarQuest2018)

È in merito alla missione storica che PolarQuest ha registrato gli unici intoppi. All'intera vicenda sarà peraltro dedicato un documentario in lavorazione, prodotto dalla milanese Addictive Ideas.

"Per cercare i resti del dirigibile di Nobile – spiega Catapano – abbiamo scandagliato il fondale marino con un sonar multi beamer per la scansione tridimensionale. Lo strumento e i suoi due software sono prototipi; per funzionare al meglio richiedono condizioni ideali come un mare calmo e poco profondo, e una velocità di navigazione inferiore ai quattro nodi. Purtroppo non abbiamo mai incontrato quel tipo di condizioni: non indicata dalle carte nautiche, la profondità del cosiddetto punto Belloni*, una delle due aree di ricerca, si è rivelata superiore ai mille metri, rendendo inutilizzabile il beamer".* Continua Catapano: "Abbiamo quindi raggiunto la seconda zona, ma la coda di una tempesta e le temperature rigide hanno reso complessa anche solo la messa in opera dell’attrezzatura. Per questo, d’accordo con Norbit Subsea, l'azienda che ha progettato il sonar, ci siamo limitati ad acquisire i dati del fondale senza visualizzarli in tempo reale. Potremmo aver trovato qualcosa, ma lo sapremo non prima di tre o quattro giorni, dopo le analisi. C’è comunque da precisare che le informazioni fornite saranno utili alla batimetria, visto che la zona non era cartografata".

"Per questo, dal punto di vista scientifico e velico, abbiamo raggiunto il 100% dei nostri obbiettivi", conclude Catapano. "Per paradosso, però, il successo indica che la situazione dei ghiacci, e quindi per tutti noi, è grave. Abbiamo trovato plastica su spiagge abitate solo da orsi e trichechi; soprattutto non abbiamo incontrato il ghiaccio dove avremmo dovuto; anche solo un anno fa non saremmo mai riusciti a raggiungere le zone in cui ci siamo mossi con un veliero come Nanuq, capace di attraversare strati ghiacciati non più spessi di 20 centimetri. Credo sia questo il messaggio più importante di PolarQuest".